Dal cervello umano alle macchine: la ricerca sull’IA
Grady Jensen ha studiato informatica e neuroscienze: un binomio perfetto per il suo ruolo attuale, quello di ricercatore sull'intelligenza artificiale al Volkswagen Data:Lab di Monaco.
L'intelligenza artificiale è uno dei trend che caratterizzeranno il ventunesimo secolo, che si parli di guida autonoma o di robotica. Ecco perché il Gruppo Volkswagen sta lavorando intensamente in questo campo. Il Data:Lab di Monaco, centro di competenza del Gruppo per l’IA, può contare sul know-how di oltre 80 specialisti, provenienti da ogni parte del mondo. Grady Jensen è sia un informatico, sia un neuroscienziato: un mix che lo rende perfetto per il suo lavoro, la ricerca sull’intelligenza artificiale.
Comprendere il cervello umano
Il suo team è composto da 11 persone, a cui si aggiungono alcuni dottorandi; i risultati delle loro ricerche sono pubblici e open-source, per permettere a chiunque di lavorarci. Il cervello umano è la chiave per comprendere le dinamiche e poi creare un’intelligenza artificiale che possa prima imparare e poi agire in maniera indipendente. “Il cervello umano è assolutamente affascinante - spiega Jensen - perché può combinare informazioni provenienti dai cinque sensi, archiviarle nella forma che preferisce e utilizzarle per fare previsioni”. Capire questi processi e riuscire a trasformarli in formule matematiche è il fondamento per sviluppare l’intelligenza artificiale forte.
L'analisi dinamica dei dati
Nel Gruppo Volkswagen l'IA è già stata utilizzata per oltre 100 applicazioni destinate a veicoli, servizi e processi aziendali. Tra i progetti principali figurano i robot intelligenti in grado di lavorare a fianco delle persone; i “bots”, cioè sistemi capaci di apprendere autonomamente usando l'analisi dinamica dei dati per fare esperienza e svolgere compiti ripetitivi; e infine, naturalmente, la guida autonoma. Ma in che modo un programmatore può imparare dal cervello umano? Facciamo un esempio: ci troviamo su un'auto parcheggiata mentre quelle alla nostra destra e alla nostra sinistra si stanno muovendo; per un attimo pensiamo di essere noi a muoverci anche se stiamo fermi, ma poco dopo capiamo che non è così.
Stabilire le priorità
Allo stesso modo l'intelligenza artificiale deve riuscire a gestire gli input e ad assegnare le giuste priorità a molteplici fonti di dati attive contemporaneamente. Nel caso di un robot, parliamo di telecamere a 360° e i sensori di pressione. Se passiamo alla guida autonoma, invece, un veicolo processa i dati provenienti dai radar, dal GPS e dagli altri veicoli, e deve continuamente valutare quale input inviato dai sensori sia più rilevante in quel momento. Anche se molti pensano che le macchine in grado di sviluppare una propria coscienza stiano per arrivare, la realtà è che siamo lontanissimi da questo scenario. “Ci mancano come minimo delle solide basi matematiche”, chiarisce Jensen. “Sono fondamentali, perché l'intelligenza artificiale collega molti campi di ricerca creando nuovi algoritmi e sistemi”.
Fonte: TOGETHER.net – Volkswagen AG