Batterie per le auto elettriche: come si producono?
Le batterie sono il “cuore” delle auto elettriche, e le loro performance e il loro costo sono elementi chiave per la diffusione dell’e-mobility anche su larga scala. Questo è probabilmente il settore che conoscerà le maggiori innovazioni tecnologiche nei prossimi anni: con tali premesse, il Gruppo Volkswagen ha definito una strategia precisa in quest’ambito, che ha come fulcro le attività del Center of Excellence di Salzgitter.
Come nascono le batterie agli ioni di litio
Proprio a Salzgitter è stata avviata una linea pilota per la produzione di celle batteria in piccola serie. Si tratta di un procedimento complesso e delicato, che il Gruppo Volkswagen intende studiare nel dettaglio per arrivare, in un tempo piuttosto breve, ad acquisire le competenze necessarie per la produzione in serie.
Costruire batterie al litio per le auto elettriche è un processo estremamente articolato. Per capirlo a fondo è opportuno semplificare, considerando tre fasi principali: la produzione degli elettrodi, l'assemblaggio delle celle e il loro trattamento finale. Ognuna di queste fasi richiede a sua volta vari step.
La genesi degli elettrodi
Inizia tutto con le materie prime in polvere, mescolate con acqua e solventi per definire le formule dell'anodo e del catodo, che sonoinserite in un impasto unico con un procedimento molto delicato. Le dosi devono essere precisissime, la pulizia massima.
L'ingrediente principale utilizzato a Salzgitter per la produzione dell'anodo è la grafite, insieme ad additivi leganti e conduttori dell'elettricità; mentre per il catodo si usa l'ossido metallico di litio, con additivi leganti e conduttori.
Alluminio e rame
Poi si passa al rivestimento. L'impasto è trasportato in contenitori stagni che assicurano la distribuzione omogenea della pasta. In questa fase i vari strati dell'impasto sono applicati su lamine a elevata conduttività: l'anodo su una lamina di rame, il catodo su una lamina di alluminio.
La linea pilota utilizza una tecnologia che permette di creare il rivestimento su entrambi i lati simultaneamente. L'impasto viene essicato con un processo particolare in cui le lamine non toccano alcuna parte, ma ‘fluttuano’ sulla linea.
Lamine e macine
A questo punto si ottiene una lamina sottile e rivestita, successivamente pressata in un macchinario che ricorda una macina rotante con una pressione massima pari a 200 tonnellate. Il risultato è una striscia dallo spessore richiesto, con un margine di imprecisione di 4µm (al massimo) rispetto al valore di riferimento: una dimensione che corrisponde a un venticinquesimo di un capello umano. Nella fase finale la fascia lavorata - chiamata anche “bobina madre” - è rimossa dalla macina rotante e levigata con un macchinario specifico, dopodiché è pronta per il passaggio successivo. In alcuni casi è necessario tagliare la bobina in senso longitudinale, con una procedura molto delicata da cui dipende la qualità finale delle relative celle.
L'assemblaggio delle celle
Ogni cella necessita di un assemblaggio specifico, in base alla tipologia. Il procedimento adottato al Centro di Eccellenza di Salzgitter prevede sette fasi.
I fogli, tagliati con il laser, vengono essiccati sottovuoto in locali specificamente attrezzati per l’asciugatura, dove l'umidità è 350 volte più bassa che nell'aria ambiente. I fogli sono poi prelevati, allineati e impilati uno sopra l'altro, con una precisione di +/- 0,3 mm, nell’arco di un secondo. L’operazione è automatica e sovrappone in sequenza anodo, separatore, catodo, separatore, anodo e così via. Il risultato è la “pila” che andrà a comporre la cella. Durante lo step successivo, ovvero l’asciugatura della pila, la temperatura rimane costante, mentre l'aria viene essiccata e pressurizzata con gas inerti (nitrogeno, elio, neon, argon, kripton e xeno) secondo un ciclo ripetitivo che accelera il processo. Alla fine si saldano il polo positivo e il polo negativo della cella e i fogli di metallo che ne risultano, chiamati “tavolette”, vengono saldati sulla linea produttiva utilizzando il laser.
Gli elettrodi
La fase successiva prevede che la pila di elettrodi sia inserita nell'involucro - termoformato in una linea dedicata - partendo da una pellicola multistrato impermeabile, sigillata con un processo ad alta temperatura. Durante questa fase, le celle vengono riempite con gli elettroliti - un momento assai delicato perché devono penetrare all'interno di tutta la pila e diffondersi in ogni sua parte - e la loro forma finale può essere di tre tipologie differenti. Una delle più comuni è quella a sacchetto (pouch), la stessa utilizzata per le batterie degli smartphone. Poi le celle sono inserite in un contenitore più grosso, realizzato partendo dai laminati di alluminio e a forma di parallelepipedo.
Il trattamento finale delle celle
Il trattamento finale delle celle si compone a sua volta di varie fasi. In primis, le celle vengono degassate prima di essere sigillate: durante la produzione, infatti, si generano fisiologicamente dei gas. Questi ultimi fuoriescono in una zona morta della cella, dove vengono radunati e poi eliminati prima della lavorazione finale. Il processo di sigillatura ha un duplice scopo: prevenire le infiltrazioni d'acqua dall'esterno e la perdita di elettrolita dall'interno. Questo è il passaggio che determina il ciclo di vita della batteria stessa. Il penultimo step può durare fino a tre settimane, e consente di verificare che non ci siano corti circuiti interni attraverso misurazioni costanti della tensione di circuito aperto della cella. L'ultimo passaggio è l'ispezione finale, che rileva le proprietà elettrochimiche principali, grazie a cui si definiscono capacità, resistenza e perdita di potenza della batteria.
Fonte: Volkswagen AG