Q-LIFE
25.05.2018

Le città del futuro? Più panchine e meno auto

Le città del futuro? Più panchine e meno auto

Secondo l'urbanista Fred Kent abbiamo passato gli ultimi 70 anni a costruire città per le automobili e non per le persone. E ciò le ha rese meno vivibili. Ma come si possono cambiare le cose?

Fred Kent è un urbanista e il fondatore dell'organizzazione no-profit Project for Public Spaces che lavora per trasformare le città in luoghi a misura d'uomo. Vive da 30 anni a Brooklyn, nel quartiere di Cobble Hill. Dalla finestra di casa sua può vedere il nipotino che gioca a scuola durante la ricreazione, camminando lungo i viali può entrare in una macelleria italiana gestita dalla stessa famiglia da tre generazioni, oppure fermarsi sotto una delle vecchie querce per chiacchierare con qualche vicino. Cobble Hill è un quartiere a misura d'uomo, che ogni architetto impegnato sul fronte placemaking vorrebbe poter riprodurre in tutte le città del mondo. In passato le città erano progettate per le persone e non per le automobili, ma nel corso dei decenni le cose sono drasticamente cambiate. La soluzione per riavvicinarsi a quella realtà, però, non è vietare la circolazione dei veicoli, quanto piuttosto regolarla al meglio considerando le esigenze di ogni area urbana e pensando prima di tutto alle persone.

Luoghi di socializzazione

Kent non usa l'auto per muoversi a Brooklyn, preferisce la bicicletta, la metropolitana o semplicemente camminare, anche se il suo ufficio ha a disposizione una vettura - condivisa da dieci persone. La sua opinione? Da molti anni le città non vengono progettate pensando a chi ci vive. Nelle zone periferiche, ad esempio, ci sono aree verdi inutilizzate senza nemmeno una panchina per sedersi e parlare. Le persone sono isolate e hanno paura di entrare realmente in contatto. Ma del resto non possono fare diversamente, perché non ci sono luoghi deputati alla socializzazione. Gli spazi pubblici fanno paura e il primo problema è controllarli. La conseguenza è che le città diventano sterili, ma fortunatamente qualcosa sta cambiando. 

Quartieri a misura d'uomo

In questo scenario le automobili hanno una posizione privilegiata. Se si guardano le foto delle città scattate prima del 1940 si osservano auto, biciclette, tram e pedoni che condividono lo stesso spazio. Una complessità che genera vitalità. Per rendere una zona più vivibile e a misura d'uomo bisogna partire dalle persone e parlare con loro, cercando di capire che cosa piace del proprio quartiere, quello che non sopportano e che cosa vorrebbero cambiare. La comunità va stimolata a prendersi la responsabilità di ciò che la circonda e ad agire; non possono essere gli esperti che vengono da fuori a dire agli abitanti di un quartiere quello che dovrebbero o non dovrebbero fare.

Necessità reali

A volte c'è molta differenza tra quello che le persone pensano di volere e quello che vogliono realmente. In una piccola città del New Hampshire, nella strada principale che l'attraversa, c'era l'abitudine di parcheggiare le auto davanti a ogni negozio, guidando solo per pochi metri e ripartendo di nuovo. È bastato rimuovere alcune siepi e recinzioni e riempire quegli spazi con negozi, parcheggi e bar per far sì che la gente si spostasse a piedi lungo quella stessa strada. La chiave di tutto è capire quello di cui hanno realmente bisogno le persone, che cosa può cambiare i loro comportamenti, o ancora se un diverso tipo di veicoli possa essere più efficiente

Più spazio per le persone

Anche in un luogo vivo e multiculturale come Time Square, nel cuore di New York City, c'è troppo spazio per le auto e troppo poco per i pedoni. I viali sono troppo larghi, i marciapiedi troppo piccoli. Quando si progetta un luogo dovrebbero essere le auto a integrarsi nello scenario, e non lo scenario a dover essere fatto su misura per loro. I luoghi pubblici sono sempre stati spazi di socializzazione e ora non lo sono più. Il messaggio di Kent è forte e chiaro: bisogna restituire gli spazi pubblici alle persone.

FonteTOGETHER.net – Volkswagen AG

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